Home restaurants, finalmente una legge che detta le regole

Approvata alla Camera si attende il via libera definitivo del Senato. Una battaglia vinta grazie all’impegno di CONFESERCENTI

Fenomeno sociale o ristorazione parallela per aggirare il fisco? E’ questa la domanda che CONFESERCENTI si è posta sul proliferare in Italia degli home restaurants. Una “moda” che vede padroni di casa che si trasformano in chef e invitano poche persone a mangiare da loro spendendo pochissimo: basta avere una cucina, quella di casa va benissimo, un po’ di posto per accogliere gli ospiti, nessuna autorizzazioni del Comune o dell’Asl. Perché chi ha un home restaurant non svolge un’attività di ristorazione, ma semplicemente invita amici o persone trovate su internet a consumare nella propria casa in cambio di un piccolo compenso.
In tutto, secondo un’indagine della Federazione Italiana Esercenti Pubblici e Turistici FIEPeT CONFESERCENTI, già nel 2014 si contavano 7mila cuochi in attività con circa 37mila eventi realizzati un anno ed un incasso medio 198 euro. Cene prenotate utilizzando Facebook, WhatsApp oppure una delle tante piattaforme web nate in questi anni, da Gnammo a Le Cesarine, da Vizeat a Eatwith.
«Ma se il fenomeno sociale diventa un modo per aggirare il fisco o peggio ancora concorrenza sleale?” si è domandata CONFESERCENTI.
Ed ecco che, dopo le prime proposte datate 2009, arriva finalmente una legge, la prima in assoluto in Italia che regola uno dei tanti rami in cui si è sviluppata in questi anni la sharing economy, per regolare i ristoranti «fatti in casa» e tutte le attività di «social eating» che viaggiano sul web.
Una legge snella, sei articoli in tutto, per «disciplinare l’ attività non professionale di ristorazione esercitata da persone fisiche nelle abitazioni private» e al tempo stesso fornire strumenti che tutelano sia i consumatori sia la leale concorrenza. Come prima cosa, salvo modifiche e ritocchi che possono essere introdotti con qualche emendamento, la legge stabilisce che l’ attività di home restaurant «si avvale di piattaforme tecnologiche che possono prevedere commissioni sul compenso di servizi erogati» su cui vigilerà il ministero dell’ Economia. Occorre registrarsi almeno 30 minuti prima di fruire del pasto e pure la cancellazione del servizio prima della sua fruizione deve rimane tracciata. Idem i pagamenti, ammessi esclusivamente attraverso sistemi elettronici e «modalità di registrazione univoche dell’ identità».
Le abitazioni private utilizzate per le cene devono possedere tutti i requisiti igienico sanitari previsti da leggi e regolamenti. Non è previsto un cambio di destinazione d’ uso dei locali, mentre invece occorre aver conseguito un attestato HACCP (per saper gestire i rischi legati all’ igiene dei prodotti alimentari) ed essersi dotati di una assicurazione per la responsabilità civile verso terzi. Ed infine bisogna comunicare al proprio comune di residenza la Segnalazione certificata di inizio attività (Scia), ben sapendo che l’assenza di questa comunicazione comporta l’ immediata cessazione dell’ attività e multe salate.

Un altro vincolo riguarda la dimensione di questo tipo di attività: è infatti fissato un tetto giornaliero di coperti, al massimo 10, ed un tetto annuale (non oltre 500). La legge prevede anche che i compensi non possano superare i 5mila euro all’ anno, importo sul quale trattandosi di attività saltuaria non si pagano tasse. Se però questa soglia viene superata scatta l’obbligo di dotarsi di partita Iva e di iscrizione all’ Inps e poi ovviamente si entra nel normale regime fiscale.
Una disciplina legislativa che ha già suscitato vibrate proteste da parte dei detentori delle piattaforme di prenotazione.
Il provvedimento non è ancora Legge di Stato e potrebbe essere suscettibile di ulteriori modifiche, integrazioni o cambiamenti nell’articolato normativo. E’ tuttavia un primo passo importante per mettere regole in un settore che rischiava di essere fuori controllo. Ci auguriamo che il passaggio al Senato non stravolga una legge che è frutto di una sintesi tra i diversi partiti. Se tutto andrà bene, ci saranno regole da seguire che permettono di distinguere nettamente gli home restaurant dai ristoranti tradizionali. Spetterà a questo punto alle istituzioni preposte controllare il rispetto delle norme con un monitoraggio costante.